Il Samaritano che si “sporca le mani”
di FRANCESCO OLIBONI
Bilancio dell’opera segno diocesana: accoglienza, casa, protezione... e i Giubilei
di FRANCESCO OLIBONI
«Mi ha colpito, appena giunto a Verona, scoprire che il soggetto della Chiesa in favore delle gravi marginalità non si chiami “il buon Samaritano”, ma semplicemente “il Samaritano”». Esordisce in questo modo il vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili, nella presentazione dell’assemblea dei soci della coop Il Samaritano, opera segno di Caritas diocesana dedicata alla grave marginalità.
Continua il vescovo: «Vero è che il nome più dell’aggettivo fa la sostanza. In questo caso “il Samaritano” fa risaltare le caratteristiche originali dell’agire ecclesiale, chiamato a dar volto a quella figura sorprendente, tratteggiata da Gesù senza aggettivo alcuno (Luca 10,25-37). Le caratteristiche di quel Samaritano di ieri rivivono dentro il vissuto de “Il Samaritano” di oggi. Queste sono essenzialmente tre: la concretezza, l’indipendenza, da qualsiasi ideologia; e, da ultimo, la convinzione che qualsiasi cosa si faccia non si tratta mai di un mezzo, ma sempre e soltanto di un fine».
È proprio il direttore del Samaritano, Marco Zampese, a tracciarci un profilo delle ultime novità di questa cooperativa di Caritas e del lavoro quotidiano svolto dalla diocesi di Verona in favore della fascia più svantaggiata della popolazione. «Arriviamo dal convegno nazionale delle Caritas diocesane, dal titolo “Confini, zone di contatto e non di separazione”. Immediato il pensiero che anche noi, nei servizi che affrontiamo ogni giorno, operiamo in zone attraversate da confini. Confini non solo fisici e territoriali, ma soprattutto umani, interpersonali, tra “buoni” e “cattivi”, tra giusto e sbagliato. A guardarli da un’altra prospettiva, però (quella che preferisco), questi confini possono diventare anche zone di contatto. Un contatto in cui stiamo, un contatto che abitiamo, un contatto attraverso cui stimoliamo processi di cambiamento sperimentando ogni volta la parola di Dio: “Non passare oltre senza fermarti” (Gen 18,1-8). Perché il contatto porta sempre a un incontro, quello con i poveri, i nostri veri maestri. E il 2023, ancora una volta, è stato un anno di scoperte, sorprese e novità e questo 2024 sembra essere ancora più proficuo».
– Quali sono le principali novità dell’ultimo periodo?
«Negli ultimi mesi, insieme al servizio pubblico, abbiamo programmato e costruito il Pronto Intervento Sociale nei distretti 1, 2 e 3, gestendo attivamente l’operatività nei territori di Verona e Comuni limitrofi, della Lessinia e dell’Est veronese, collaborando invece per il distretto sud del Legnaghese. Inoltre, abbiamo attivato diversi processi e progetti rivolti al mondo del carcere. Attraverso Fondazione Esodo abbiamo co-progettato la delibera della Giunta regionale per l’attivazione nel 2024 di percorsi di residenzialità per detenuti in misura alternativa destinati a 100 persone all’anno per tre anni, portando Fondazione Esodo a svolgere il ruolo di capofila di un progetto che copre tutta la nostra regione. Insieme ad una rete di enti abbiamo progettato azioni per attivare nuovi servizi dedicati ai figli minori dei detenuti e delle detenute nelle carceri di Verona, Vicenza, Venezia e Treviso. Abbiamo inoltre sperimentato attività per persone con fragilità mentale, dipendenza e per gli stranieri ristretti nelle carceri di Verona e Vicenza».
– Una delle piaghe della società rimane il tema-casa. Come lo state affrontando?
«Innanzitutto, lo Sportello unico del Comune di Verona, gestito da noi, ha trovato una nuova sede all’interno della parrocchia del Tempio Votivo e la sua posizione, frontale rispetto alla stazione, ne fa un centro di ascolto dedicato alla grave marginalità, in grado di monitorare e incontrare le tante persone fragili che gravitano in quella zona. Poco alla volta vi si stanno affiancando diverse esperienze: il Centro Servizi del Comune di Verona, nuove azioni in collaborazione con il Comune e con l’Ulss, oltre alle varie associazioni del Terzo settore che chiedono di utilizzare questi spazi per le loro attività. Poi come Caritas abbiamo dato un altro segnale sul tema dell’abitare per persone straniere che, pur avendo un reddito, faticano a trovare soluzioni abitative. E così, grazie all’intervento del nostro vescovo Domenico, Casa Sant’Angela Merici in città è diventata un albergo sociale che ci consente di sperimentare forme di inclusione abitativa destinata a persone in uscita dai vari progetti di accoglienza finanziata. E poi a fine 2023, potenziando la nostra capacità ricettiva, abbiamo trasferito il centro collettivo per richiedenti asilo e rifugiati da via Rosmini all’ex Cum di San Massimo, in quella che è l’attuale casa Madonna di Guadalupe. Grazie a un’altra intuizione del vescovo Domenico, nel luogo che per anni ha formato i missionari che partivano per evangelizzare l’America Latina, oggi si accolgono i migranti provenienti da ogni parte del mondo».
– E in provincia?
«La fine dell’anno ci ha portato a co-progettare con i territori di Villafranca e Domegliara una serie di accoglienze invernali non solo nelle parrocchie della città, ma anche in provincia. Casa Shalom di Marega di Bevilacqua, che offre accoglienza e sostegno a persone e famiglie in emergenza abitativa nella zona dell’ambito 3 di Legnago, nel 2024 diventerà sempre più autonoma dal punto di vista economico, grazie alle prese in carico degli ospiti presenti da parte dei Comuni della zona. Sempre quest’anno sono nate co-progettazioni sia con l’Ulss 9, sul tema delle dipendenze, sia con i Comuni dell’ambito 4 nella creazione di progetti che diano più sostegno e attenzione alle persone in difficoltà».
– Il futuro?
«Nell’ultimo messaggio di Francesco per la Giornata Mondiale dei Poveri, il Papa ci ricorda di “non distogliere lo sguardo da ogni povero”. Se poniamo lo sguardo altrove, impediremmo a noi stessi di incontrare il volto del Signore Gesù e solo tenendo saldo lo sguardo verso i poveri possiamo rispondere al mandato di servire prima di tutto la Chiesa e poi i nostri fratelli in difficoltà. La riforma della Chiesa di Verona chiede a noi operatori di Caritas di camminare verso una sinodalità e una trasversalità sempre più efficaci, concretizzate in un vero servizio alla Chiesa, con l’obiettivo di testimoniare e far vivere esperienze di prossimità attraverso le povertà. Abbiamo sperimentato che, attraverso l’incontro con tali povertà, l’animazione della comunità porta a riscoprire vocazioni personali e offre l’occasione di guardarsi dentro, riconoscendo le fragilità di ciascuno. Fragilità che, vissute da fratelli e sorelle, si trasformano in patrimonio comune diventando parte di una comunità che vuole condividere le fatiche e le gioie e costruire un mondo accogliente».
– Progetti in cantiere?
«La struttura di via Corbella, che accoglie uomini senza dimora con problematiche sanitarie, a breve inizierà ad essere gestita non solo da noi, ma insieme al Comune di Verona, dopo una co-progettazione sul Pnrr, con l’ente pubblico che finalmente diventa co-gestore di una grande parte della copertura economica di questo servizio».
– C’è già uno sguardo sul 2025?
«Sarà l’anno del Giubileo a Roma. Il 24-25-26 gennaio il Giubileo della diocesi di Verona, l’8-9 marzo quello del volontariato e il 16 novembre quello dei poveri, a cui non potremo mancare».
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