Carenza di materia prima
di NICOLA SALVAGNIN
La dimostrazione plastica dei problemi che si hanno quando ci si riduce ad assemblare o vendere prodotti realizzati a 10mila km di distanza
di NICOLA SALVAGNIN
La situazione sta diventando drammatica: sempre più aziende – in ogni angolo del mondo, Italia compresa – si ritrovano senza componenti per le loro manifatture. E la cosa è diventata clamorosa quando Toyota ha dichiarato che avrebbe tagliato del 40%. la sua produzione mondiale di automobili. Clamorosa perché Toyota è giapponese, ha forti legami con i fornitori asiatici che hanno in lei il cliente numero uno; in più, già scottata in passato, aveva cambiato la sua politica di magazzino, aumentando considerevolmente le scorte.
Se Toyota capitola, figuriamoci gli altri. Ci sono problemi a reperire acciaio, gomma, batterie, microchip, legname; ci sono problemi pure per determinate materie prime alimentari, e non perché il mondo abbia smesso di produrre.
Il vero buco nero sono i trasporti. I noli marittimi sono rincarati all’inverosimile, le navi portacontainer non riescono a caricare nei porti cinesi che sono in un momento di estrema confusione. Un piccolo produttore friulano ci raccontava che una materia prima fondamentale per la sua produzione è rincarata in continuazione per sei mesi consecutivi: ora costa 12 volte di più rispetto a un anno fa. Come fa a “girare” ai suoi clienti un simile rincaro? E non può permettersi di tenere prezzi che lo costringano a perdere soldi ad ogni pezzo prodotto. Quindi, fabbrica a regime ridottissimo.
La faccenda sta creando effetti paradossali: è pure rincarato il petrolio, che di suo è sovrabbondante e fino a pochi mesi fa non si sapeva a chi venderlo. Ma il vero problema è che la manifattura del nostro Centro-Nord sta già girando ora a regime ridotto, non solo le fabbriche del gruppo Stellantis-Fca. Un brutto colpo per una ripresa economica che ci sarebbe tutta; una dimostrazione plastica dei problemi che si hanno quando ci si riduce ad assemblare o vendere prodotti realizzati a 10mila km di distanza. Se la fabbrica-Cina singhiozza, il mondo prende la polmonite.
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