Un prestito mal digerito
Chi ci presta i soldi chiede garanzie, soprattutto di sapere come verranno impiegati i tanti miliardi di euro e come verranno restituiti
Li stanno chiamando con diverse sigle o termini anglosassoni; sono differenti tra loro anche radicalmente, ma in buona sostanza stiamo parlando di strumenti finanziari che servirebbero a risollevare l’economia di quei Paesi comunitari che il Covid ha messo in ginocchio. Italia per prima.
Al di qua delle Alpi avremmo bisogno di diverse decine di miliardi di euro a brevissimo termine; molti di più per stare in piedi in un 2020 che si presenta oltremodo disgraziato. Ben che vada, perderemo il 10% della ricchezza prodotta, grossomodo tra i 150 e i 200 miliardi di euro. Ciò farà contenti i pochi profeti della decrescita felice, ma manderà sul lastrico centinaia di migliaia di imprese e molti più posti di lavoro.
Come averli, è condizione preliminare sul cosa poi farne. Ma il problema, per l’Italia, è che non si può indebitare più di quanto lo è già oggi, cioè 2.400 miliardi di euro sul groppone. L’Everest dei debiti pubblici mondiali che produce una valanga di interessi passivi da pagare ogni anno. Sempreché s’invogli con interessi ancor più alti i finanziatori a comprare nuove quote di debito di uno Stato che rischia di non farcela a restituirlo. Auguri.
Ebbene, i nostri governanti reclamano a gran voce l’attenzione e soprattutto i denari dei nostri partner europei. Aiutateci, dunque.
Qui esiste un problema preliminare: perché?, si chiede qualche capitale nordica, a cominciare da Berlino. È vero che la pandemia farà danni ovunque, ma la Germania, l’Olanda, l’Austria hanno i conti a posto, denaro messo via e una possibilità di indebitarsi a costo zero data la loro affidabilità e solidità economica. Insomma, è un problema vostro e non nostro.
Ma la solidarietà europea… ma il vantaggio comune… ma lo spirito che ci tiene uniti… ma le conseguenze che subirete pure voi… Per carità, tutto giusto. Però non dobbiamo dimenticarci di questa situazione: perché l’Italia in questi giorni ha chiesto – quasi preteso – molti soldi come se fossero dovuti. Non lo sono. Punto.
Se però emerge una volontà di rimanere tutti in un’identica barca senza buttare nessuno a mare, si affronta il secondo nodo della questione: un prestito o un’erogazione a fondo perduto? Se la seconda ipotesi può riguardare cifre molto contenute, è sul prestito che ci si accapiglia. Finanziariamente e politicamente.
L’Italia preme per obbligazioni di debito comuni, garantite da tutti. Di altro avviso sono alcuni dei Paesi che dovrebbero indebitarsi per favorire la nostra ripresa: non ne hanno voglia, dovrebbero adeguare le loro legislazioni, dovrebbero passare attraverso i loro parlamenti e opinioni pubbliche non particolarmente commosse dalla nostra situazione. Ed è il punto d’incontro tra queste due parti, che non si trova. La mediazione in cui ognuno cede qualcosa per venirsi incontro.
In buona sostanza, chi ci presta i soldi chiede garanzie, soprattutto di sapere come verranno impiegati i tanti miliardi di euro e come verranno restituiti; noi li chiediamo, ma non vogliamo alcun “controllo” esterno, tipo quello che alcuni anni fa fu applicato alla Grecia in modo quasi asfissiante. Insomma no a un commissariamento esterno dell’Italia intera, un po’ come fu il governo Monti nel 2011.
D’altronde, recenti scelte politiche non hanno per nulla favorito questo clima di fiducia nelle nostre scelte: non più tardi di due anni fa abbiamo aumentato il debito pubblico per dare pensioni in età più precoce (quota 100) e soldi a fondo perduto a chi era senza lavoro (reddito di cittadinanza). Allora bisogna capire che il contribuente tedesco, obbligato dal suo governo a ritardare l’età della pensione per esigenze di bilancio, fatica molto a digerire di prestare soldi al contribuente italiano per andare in pensione anticipata.
Una soluzione la troveremo, e sarà lessicale. Chi ci presta i soldi, otterrà quel che vorrà senza sbandierarlo al vento. Noi li riceveremo, chiamando il prestito in modo digeribile e cercando di ottenere condizioni meno gravose possibili.
Attenzione: se ci impuntiamo troppo per questioni politiche (interne), rischiamo di non portare a casa nulla. Se uno sogna l’Italexit e il ritorno della liretta, buona cosa. Per tutti gli altri, un disastro paragonabile all’ultima guerra mondiale.
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