Un Paese per vecchi
di NICOLA SALVAGNIN
Non è un caso che nelle pubblicità – termometro sociale del Paese – siano sparite le classiche famiglie con due figli, sostituite dal figlio unico o dal cane
di NICOLA SALVAGNIN
Serviranno geriatri e non pediatri; badanti e non insegnanti; pannoloni e non pannolini; case di riposo e non asili; carrozzelle e non carrozzine all’Italia che ogni anno di più si avvia allo spopolamento. Perché non nascono più bambini. La demografia finora ha in qualche modo “tenuto” per il contemporaneo afflusso di stranieri in cerca di una nuova patria e per l’allungamento della vita media.
Gli stranieri in arrivo sono in calo (e non molto benvenuti); l’allungamento della vita media è stato stoppato dal Covid: ora i buchi demografici si fanno sempre più visibili. Ma il peggio sta di fronte a noi, gli ultimi dati che emergono sono da brividi.
Citando un famoso libro, l’Italia è un Paese per vecchi: record mondiale con Giappone e Corea del Sud. Tre Paesi in cui l’età media della popolazione supera già ora i 40 anni e sarà sempre peggio. Non è un caso che nelle pubblicità – termometro sociale del Paese – siano sparite le classiche famiglie con due figli, sostituite dal figlio unico o dal cane. Non è un caso che le multinazionali stiano progressivamente dismettendo le produzioni e lo sviluppo di prodotti destinati all’infanzia: è un mercato in continua contrazione.
Le cronache locali raccontano di continue chiusure di asili e scuole; di accorpamenti di maternità e pediatrie; di continuo spopolamento dei borghi più sfavoriti logisticamente, dove i giovani e le famiglie scappano anche per la continua chiusura di servizi essenziali. Ci si intruppa nei paesi più grandi, nelle città dove almeno si possono trovare negozi, banche, poste, strutture scolastiche, trasporti pubblici…
La situazione è drammatica al Sud, dove la minor propensione a far figli si associa alla continua emorragia di giovani in fuga verso lidi più accoglienti in quanto a prospettive occupazionali: la Sardegna è ormai un caso limite. Questo significa trasformare mezza Italia in un’enorme casa di riposo destinata pian piano a svuotarsi.
Serviranno a ben poco la Tav, le infrastrutture fisiche e digitali, le riforme varie, gli investimenti di qualsivoglia tipologia previsti o spinti dal Pnrr, se non si affronta la madre di tutte le nostre rogne: a questo ritmo, a fine secolo saremo un terzo in meno di oggi.
Fare spallucce? Se a qualcuno danno fastidio le risate dei bambini che giocano, sappia che senza il loro lavoro nessuno pagherà né le pensioni, né il welfare, né le cure mediche di Ospizio Italia. E già oggi sta succedendo l’impensabile almeno fino a pochi anni fa: al Nord si fatica pure a trovare commesse per i supermercati e i negozi, dove l’unico titolo di studio richiesto è la sana e robusta costituzione.
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