Nuovi poveri
La società italiana rischia di spezzarsi concretamente in due, sul modello sudamericano: chi sta bene e chi non ha i mezzi per un sostentamento dignitoso
di Nicola Salvagnin
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Un decreto governativo di un paio di anni fa abolì giustamente la povertà, dimenticando però di “abolire” i poveri. Che nel frattempo hanno continuato a sussistere, anzi sono aumentati di numero a causa dei danni economici prodotti dalla pandemia. Ma più che i poveri-poveri, insomma quelli sul lastrico ma che comunque possono godere di sostegni e aiuti da pubblico e privato, preoccupa la situazione di una larga fetta di quella che un tempo si definiva piccola borghesia. Perché rischia di scivolare appunto sotto la soglia della povertà, con tutte le conseguenze economiche, psicologiche e sociali conseguenti
È un fenomeno che colpisce famiglie a cui viene a mancare o a ridursi considerevolmente un’entrata (ad esempio uno stipendio); persone singole che perdono il lavoro o vedono ridurre gli introiti senza alcun paracadute economico; piccoli commercianti e artigiani messi in ginocchio dai lockdown. E la situazione più grave e diffusa, per una volta, la riscontriamo in Nord Italia, soprattutto nelle città: laddove da una parte il terziario dominante è in forte crisi, dall’altra il costo della vita (a cominciare dalla casa) è certamente più alto che in provincia o nel Mezzogiorno.
Così fa specie vedere lunghe code di persone “normali” in fila a Milano per ricevere gratuitamente del pane; o sentire dalle Caritas locali che appunto si devono occupare delle abbondanti richieste di aiuto da parte di questa fascia di popolazione mai vista prima.
Così la società italiana rischia di spezzarsi concretamente in due, sul modello sudamericano: c’è chi sta bene e rimpiange i weekend nelle spa degli hotel o lo shopping nelle capitali europee; e chi rischia di perdere un tetto o non ha mezzi per una sussistenza dignitosa o più tranquilla.
Se questo è il buongiorno, il prossimo buon pomeriggio è ancor meno tranquillizzante. Tra non molto (fine marzo) scadrà il blocco dei licenziamenti; le chiusure di fine anno stanno mettendo in difficoltà nuove categorie sociali (un esempio? I maestri di sci non stanno guadagnando un euro da marzo scorso…); alcune attività hanno capito che ormai non c’è futuro prossimo: dalle agenzie di viaggio in poi. E chiudono.
Serve quindi d’urgenza una campagna di vaccinazione che immunizzi noi e nel frattempo neutralizzi questo nefasto 2020. Non lo rimpiangeremo.
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