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Il decreto “fabbrica-clandestini”

Giro di vite di Salvini all’accoglienza dei migranti. Ma sulle modalità...

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Il decreto “fabbrica-clandestini”

Idea: trasformare i migranti in clandestini (e poi cacciarli via)

La filosofia del decreto Salvini e i probabili riflessi

La filosofia del decreto Salvini è semplice: l’immigrazione è un “problema”, fonte di disagio sociale e benzina per la criminalità. Quindi va bloccata sul nascere e, a chi è già arrivato, le condizioni vengono rese più difficili possibile per incentivarlo a tornarsene a casa. Si può essere d’accordo o meno con l’assunto salviniano, si possono tirare fuori cifre da una parte o dall’altra: le posizioni appaiono, a questo punto, difficilmente conciliabili.
Ma la questione allora è un’altra: sarà efficace il “giro di vite” che il ministro dell’Interno ha voluto dare sul tema-immigrazione? E come?
Cercando di ragionare sul contenuto del decreto, emerge chiara una posizione radicale sulla questione: niente arrivi, niente accoglienza e niente integrazione. Porte chiuse insomma, in un modo o nell’altro. Vadasé che la porta più sigillata è quella che guarda all’Africa, perché questo decreto non sembra proprio tagliato su misura per le migrazioni moldave o cinesi, che pure sono il grosso in quanto a numeri.
Per chi non accetta una simile filosofia, la lamentela maggiore – oltre al discorso filosofico dell’accoglienza e/o dell’integrazione – è che così si creeranno le condizioni pratiche per trasformare decine di migliaia di stranieri in “fuorilegge” allo sbando. Con riflessi non positivi sulla sicurezza sociale. [N. Salv.]

IL DECRETO SALVINI
PROTEZIONE UMANITARIA
Abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari con l’introduzione di una tipizzazione dei casi di tutela complementare, con precisi requisiti per i soggetti interessati”
PERMESSI SPECIALI
Protezione umanitaria sostituita da “sei permessi speciali”: vittima di grave sfruttamento; motivi di salute; violenza domestica; calamità nel Paese d’origine; cure mediche; atti di particolare valore civile
REVOCA ASILO SE...
In caso di condanna in primo grado per reati di violenza sessuale, lesioni gravi e rapina, violenza a pubblico ufficiale, mutilazioni sessuali, furto aggravato, traffico di stupefacenti. Sospensione di domanda d’asilo in caso di pericolosità sociale
STOP CITTADINANZA
Revoca della cittadinanza acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo
MENO SPRAR, PIÙ CAS
Il sistema Sprar di integrazione sociale è previsto solo per titolari di protezione internazionale e per minori non accompagnati. I richiedenti asilo troveranno accoglienza solo nei Cas e Cara
PIÙ TEMPO PER LE ESPULSIONI
Nei Centri per il rimpatrio la permanenza massima aumenta da 3 a 6 mesi per facilitare le espulsioni
...CHE SARANNO PIÙ FACILI
Misure atte a garantire l’effettività delle esecuzione dei provvedimenti di espulsione. Stanziati 500mila euro per il 2018 e 1,5 milioni per il 2019 e 2020
TASER AI VIGILI
Nei Comuni con più di 100mila abitanti si sperimenterà l’utilizzo del taser (un dissuasore con scariche elettriche) da parte della polizia municipale
OCCUPAZIONI ABUSIVE
Pena fino a 4 anni di reclusione nei confronti di chi promuove o organizza l’invasione di terreni o edifici

L’esperto Maurizio Ambrosini sulle novità legislative: ricerca di ritorno elettorale

Quali risvolti pratici avrà il decreto Salvini sulla gestione dell’accoglienza? Lo abbiamo chiesto al prof. Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori all’Università degli Studi di Milano, editorialista del quotidiano Avvenire, massimo esperto in materia.
– A suo avviso, il decreto sulla sicurezza voluto dal ministro Salvini è efficace o è solo funzionale ad attrarre i consensi di una certa parte di elettorato?
«Se l’intento è quello di limitare il numero di rifugiati accolti in Italia, direi che l’obiettivo era già stato raggiunto dal governo Gentiloni, con i controversi accordi con la Libia. Ora il governo vuole dare una nuova stretta, in nome di un cattivismo di stampo ungherese. Ma tutta la partita dell’immigrazione e dell’asilo è gestita in termini simbolici e comunicativi, guardando poco agli aspetti effettivi e ancor meno ai diritti delle persone meritevoli di tutela. Quindi il decreto persegue una discutibile efficacia, di ricerca del consenso e di ritorni elettorali».
– Il decreto riduce a pochi casi la protezione umanitaria, la forma più utilizzata in Italia per chiedere asilo. Questo che rischi comporta?
«Vorrei ricordare anzitutto che la dizione “protezione umanitaria” è tipicamente italiana, ma permessi analoghi sono previsti in 22 Paesi dell’Ue: sostanzialmente in tutta l’Europa occidentale. Sono utilizzati in modo flessibile e con una certa discrezionalità per concedere uno status legale a persone che non riescono a dimostrare di aver subìto una persecuzione, ma provengono da Paesi molto instabili e pericolosi; oppure vivono ormai da anni sul territorio, hanno sviluppato legami affettivi e familiari o si sono inseriti nel mercato del lavoro. Si distinguono, nelle politiche migratorie, Paesi come quelli dell’Europa meridionale che hanno regolarizzato gli immigrati mediante sanatorie di massa (nel nostro caso sette in 25 anni, più altre minori o nascoste), e Paesi che preferiscono invece provvedimenti di regolarizzazione individuali, caso per caso. L’equivalente appunto della protezione umanitaria. Ultimamente, fra l’altro, anche Spagna e Grecia si sono allineate su questa impostazione».
– Che ne sarà dei richiedenti asilo attualmente presenti nel nostro Paese?
«Nel 2018 il 28% dei richiedenti asilo ha finora ricevuto la protezione umanitaria dalle commissioni prefettizie competenti. Questa quota scenderà, ma l’effetto più probabile è un aumento delle persone sbandate e prive di tutela, con effetti negativi di sovraccarico sui servizi di assistenza del privato-sociale e segnatamente delle organizzazioni ecclesiali, di aumento della mendicità, di lesione del decoro delle città e probabilmente anche di peggioramento della sicurezza, soprattutto percepita. Stiamo fabbricando dei senza dimora per legge, che in gran parte rimarranno sul territorio».
– ll raddoppio del tempo di trattenimento nei centri di detenzione e l’aumento dei fondi per espulsioni e rimpatri dicono che sulla carta c’è la volontà di agire in fretta; in pratica cosa accadrà?
«Il giro di vite sulla protezione umanitaria farà scendere la quota di rifugiati riconosciuti in Italia, ma non è affatto certo che l’allungamento della detenzione e l’aumento dei fondi per i rimpatri producano un corrispondente incremento delle espulsioni. Il numero dei posti disponibili nei centri di detenzione è di poche migliaia, del tutto insufficiente a trattenere tutti i potenziali richiedenti asilo denegati. Senza contare che dovrebbero servire a bloccare altri immigrati irregolari in vista dell’espulsione. I detenuti inoltre non hanno niente da perdere: gli atti di autolesionismo sono purtroppo frequenti, come le ferite volte a cancellare le impronte digitali. Gli Stati di origine, anche se firmano degli accordi, non hanno interesse a collaborare e gli immigrati possono mentire sul loro vero Paese di origine, confondendo le acque. L’esperienza del passato mostra che espellere è tutt’altro che facile».
– Si riferisce ai governi Berlusconi?
«Allora i tempi di detenzione erano stati portati a 18 mesi e l’Italia non riusciva a espellere neanche la metà degli immigrati irregolari detenuti nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione. Per espellere, occorre identificare con precisione i richiedenti asilo denegati, capire da dove provengono, ottenere l’assenso dei loro governi al rimpatrio, affittare gli aerei e organizzare i voli per deportarli. Tutte condizioni da soddisfare caso per caso. Se non si riesce a rimpatriare nei primi due mesi, difficilmente ci si riesce in seguito. Così, alla fine, vengono espulsi i più miti e remissivi, mentre vengono rilasciate persone ancora più provate, depresse o incattivite, che rimangono sul territorio senza documenti e senza poter lavorare legalmente. Si attua una repressione causale e crudele, incentivando alla fine dei conti l’illegalità».
– Uno dei dubbi sollevati al decreto è quello della legalità: già si prevedono ricorsi alla Corte costituzionale.
«Credo che la Costituzione italiana, all’articolo 10, parli chiaro, dando fra l’altro una definizione particolarmente ampia del diritto di asilo. Ci sono poi i trattati internazionali ed europei che abbiamo firmato e che fissano degli obblighi che vanno onorati per continuare a essere considerati un Paese civile, con accettabili standard democratici. La reputazione internazionale dell’Italia dovrebbe essere un bene da tutelare. Detto questo, credo che il cattivismo di governo speri nei tempi lunghi delle sentenze per incassare qualche successo elettorale, ma mi stupirei se le norme in discussione passassero indenni il vaglio degli organismi di garanzia».
– Nel provvedimento il tema immigrazione è associato ai problemi di ordine pubblico. Un accostamento che riflette la percezione di molte persone comuni (che vedono nei migranti l’origine di tutti i mali) e il clima di ostilità serpeggiante nella società. Anche da parte di cattolici dichiarati. Come se ne esce?
«Credo che il senso di insicurezza e smarrimento sia giustificato, ma derivi da altri fattori: in breve, da una globalizzazione mal governata. Anche la secolarizzazione ha il suo peso: la perdita di riferimenti religiosi lascia le persone più sole, prive di punti di riferimento, povere di speranza. In situazioni come queste, è facile prendersela con minoranze deboli e facilmente isolabili, che diventano il classico capro espiatorio delle tensioni sociali. Se ne esce quindi seminando speranza e fiducia, oltre a rafforzare la protezione sociale delle persone e famiglie vulnerabili. Quanto alle politiche migratorie, bisognerebbe smettere di parlare di immigrazione in generale e discutere di categorie specifiche: infermiere, assistenti familiari degli anziani dette badanti, studenti, investitori, familiari da ricongiungere, lavoratori… Così facendo, dell’immigrazione tanto temuta come fantasma astratto, resterebbe ben poco».
– Un’ultima domanda, sull’Europa. In questi mesi abbiamo assistito a una crescente chiusura da parte di molti Paesi (Ungheria in testa); inoltre la revisione del regolamento di Dublino, che prevede l’accoglienza diffusa tra tutti gli Stati membri, pare ferma. Si riuscirà a trovare una soluzione percorribile e condivisa?
«L’immigrazione è una cosa, l’asilo un’altra. Ricordo che gli spostamenti dei cittadini comunitari sono liberi. In Italia ne abbiamo 1,5 milioni. I rifugiati sono forse 350mila, tra richiedenti asilo e rifugiati riconosciuti. Sarebbe un grande passo avanti se si cominciasse a distinguere meglio le varie componenti della popolazione immigrata. Quanto all’Unione Europea, quasi tutti sono d’accordo sull’esigenza di riformare le convenzioni di Dublino, ma tutti hanno paura di perdere le elezioni accogliendo più rifugiati. Penso che in realtà l’Ungheria e Paesi sodali abbiano reso un servizio agli altri partner, prendendosi la colpa della mancata ripartizione dei rifugiati. Non si comprende altrimenti perché non siano stati sanzionati. Lo scandalo dell’Ue di oggi è che le quote latte o le regole sui salvataggi bancari siano rigidissime, mentre il rispetto dei diritti umani è di fatto facoltativo: volontario, come sostiene Orban, il modello a cui guarda il nostro governo».
Adriana Vallisari

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