Fame di energia
di NICOLA SALVAGNIN
Facciamo tanto i bravi ed esemplari, convocando grandi summit internazionali e sventolando proclami; poi, quando fa freddo e c’è bisogno di calore, andiamo in tutto il mondo ad acquistare gas da chiunque
di NICOLA SALVAGNIN
Non occorre essere un sofisticato ingegnere per capire che il mondo – e l’Italia – richiederà nel prossimo futuro tantissima elettricità, molto più di quella prodotta e utilizzata attualmente. Si pensi solo all’ambizioso e dichiarato progetto di sostituire centinaia di milioni di auto a trazione termica (benzina, gasolio…) con altrettante a trazione elettrica.
Già, ma come produrremo questo enorme quantitativo? Si tenga conto che il nostro fabbisogno è poca cosa rispetto a quello che chiederanno in misura crescente un miliardo e mezzo di indiani, un miliardo e mezzo di cinesi, trecento milioni di nigeriani, di brasiliani, di indonesiani… Buona parte della popolazione mondiale che oggi consuma in un giorno pro capite la stessa elettricità che noi utilizziamo per far funzionare un computer.
L’Italia è carente di fonti di produzione. Il sole è un’ottima fonte, con limiti insuperabili (quando non c’è, niente fotovoltaico); non siamo una penisola ventosa; abbiamo scelto (praticamente unici in Europa) di non affidarci al nucleare, ma di comprare l’elettricità “atomica” francese, abbondante e poco costosa fino a ieri. Nuove dighe non se ne fanno più e non sarebbe pure nemmeno semplice realizzarle. Siamo fortemente impegnati in un progetto che prevede di usare l’atomo per fusione – non necessariamente proveniente dall’uranio, anzi –, sfruttando il meccanismo di combustione delle stelle per ora riprodotto in un esperimento promettente, quanto lungo nei tempi di completamento.
Infine l’idrogeno, per il quale serve comunque il metano per produrlo. Insomma per i prossimi vent’anni avremo bisogno di quel metano che volevamo relegare in soffitta, al motto di “fate presto!”. Però non abbiamo fatto bene, disincentivando gli investimenti in idrocarburi a livello mondiale e ora cercando in ogni angolo del mondo il “nostro” fabbisogno di gas.
A qualunque costo, e non solo in termini economici. Facciamo tanto i bravi ed esemplari, convocando grandi summit internazionali e sventolando proclami; poi, quando fa freddo e c’è bisogno di calore, andiamo in tutto il mondo ad acquistare gas dalle più discutibili dittature militari (Putin lo abbiamo largamente foraggiato fino a ieri), oppure strapaghiamo le navi che trasportano gas liquido, per dirottarle dal Pakistan o dal Bangladesh ai nostri rigassificatori. Tanto, da quelle parti poveri sono e poveri rimarranno.
E poi ci stupiamo se il resto del mondo ci guarda come degli alieni o, peggio, come i padroni dalle braghe bianche, e dedica meno attenzione alle varie Cop che si susseguono rispetto ad una partita locale di cricket o ping pong…
Noi italiani? È ora che ripensiamo al nucleare, a piccole centrali ben costruite da realizzare già da domani. Ce l’ha consigliato pure una feroce capitalista senza scrupoli: Greta Thunberg.
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