Modellare la carta con gli origami per entrare in contatto con il divino
Una forma d’arte, un passatempo... o un’umiliazione rispetto alla propria poca manualità. Sono varie sfumature di un’unica pratica, l’origami, di cui l’11 novembre si celebra la giornata mondiale...
Una forma d’arte, un passatempo... o un’umiliazione rispetto alla propria poca manualità. Sono varie sfumature di un’unica pratica, l’origami, di cui l’11 novembre si celebra la giornata mondiale.
Secondo alcuni, i primi lavori con questa tecnica risalgono al Giappone del VI secolo d.C., anche se si può immaginare che qualcuno avesse già fatto qualche gioco con la carta in precedenza. Realizzata in maniera molto rudimentale già prima dell’era cristiana, ha un punto fondamentale di sviluppo nel 105 d.C. quando l’eunuco Cai Lun la presentò all’imperatore cinese Hedi, in una versione di facile fabbricazione, resistente, maneggevole, sottile, con possibilità di diverse colorazioni e di pieghe, che poi rimanevano ferme.
Nei secoli e in diversi contesti (asiatici, arabi, occidentali) sono nati vari giochi e attività con la carta, con il prevalere degli origami che, ironia della sorte, lasciarono una prima prova scritta su carta della propria esistenza solo in una poesia del 1680.
La diffusione massiccia in Giappone è legata alla carta più adatta (morbida ed elastica) e alla cultura che mette insieme gusto della tradizione e apertura al nuovo: questo, per esempio, ha portato a passare dal lavoro su pezzi irregolari (con tante pieghe e possibilità di qualche taglio) al più moderno piegare una carta regolare e senza tagli, che viene dall’unione con tecniche tedesche. Il grande stupore è il fatto di poter ottenere centinaia di modelli tridimensionali diversi (che oggi si staccano anche dai tradizionali fiori e animali), partendo da uno o più fogli (di colori uguali o diversi) e da pochi semplici sistemi di piegatura. Pure i non esperti possono partire dalla “piega a valle”, che forma un avvallamento alla vista di chi la produce, passare al suo contrario (“piega a monte”) e unire le due nella “piega a fisarmonica”; se poi quest’ultima si va a produrre su una parte di foglio già modellata da altre pieghe, si è di fronte alla “piega a libro”. Un aspetto particolare dell’origami è il suo continuo legame con ambienti religiosi: shintoismo e buddismo in qualche modo ne rivendicano la paternità o quanto meno la diffusione; missionari cristiani in tutto il mondo lo utilizzano per un primo approccio con le diverse fasce di età; animatori e catechisti nelle nostre parrocchie lo hanno proposto, non solo per il suo aspetto ludico. Già il nome ci parla di qualcosa di speciale: la traduzione più diffusa e più semplice “piegare la carta” non fa emergere, infatti, come il termine “kami” prima che la carta indicasse il divino, con il quale essa aveva a che fare perché può stare sopra l’acqua, perché viene dallo strappare qualche elemento della terra per farne altro, perché è un far rinascere qualcosa di morto. L’origami sarebbe quindi un entrare in contatto diretto con il divino, non in quanto stacca dal naturale, ma perché chiama alla cura, al rispetto, alla possibilità del dialogo con l’altro anche senza parole, allo stupore e al grazie per i doni del creato e per il lavoro umano.
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