Pure a Verona un presepe "ante litteram"
Maurizio Bettini
Il presepio
Einaudi - Torino 2018
pp. 192 - euro 19
Natale del 1223. A Greccio, paese di neppur duemila anime in provincia di Rieti, san Francesco decide di rievocare la nascita di Gesù, organizzando una rappresentazione vivente di quell’evento. Per molti questa è la prima ritualizzazione scenica, ma Maurizio Bettini, docente di filologia classica all’Università di Siena, smentisce quest’affermazione nel suo Il presepio, edito per i tipi dell’Einaudi alla fine del 2018. Ce lo assicurano, scrive Bettini, diversi sarcofagi di marmo paleocristiani del IV secolo, ma pure un affresco a Verona, nell’Ipogeo di Santa Maria in Stelle, anch’esso coevo.
Bettini aggiunge altri dettagli. L’evangelista Luca parla di un neonato posto in una mangiatoia, con il gregge, gli angeli, Giuseppe e Maria, i pastori, ma senza il bue e l’asino, con il luogo dell’evento indeterminato. Più chiaro, invece, il filosofo Giustino, martirizzato a Roma nel 163, che nello scritto Dialogo con Trifone Giudeo precisa: “Il bambino nacque a Betlemme e poiché Giuseppe non poté trovare posto nell’albergo, prese alloggio in una certa grotta nei dintorni del villaggio”. A ravvivare l’immagine della grotta si unisce pure Origene, filosofo greco del II secolo dopo Cristo, che parla della grotta di Betlemme e della mangiatoia ove fu collocato il piccolo appena nato.
L’autore, nelle 192 pagine che compongono il suo lavoro, recupera pure le figure del bue e dell’asino attraverso una lettera del IV secolo indirizzata ad un suo amico per la morte della madre, donna particolarmente devota che era stata in pellegrinaggio a Betlemme. Nella lettera, Gerolamo descrive quel che i viandanti del tempo potevano vedere nei luoghi della nascita d Cristo: il sacro alloggio (deversirium), la stalla (stabulum) con l’asino ed il bue “affinché si compisse ciò che sta scritto nello stesso profeta Isaia, otto secoli prima della nascita di Gesù, nella sua profezia: beato chi semina sulle acque, dove camminano il bue e l’asino”.
Già a quei tempi, dunque, chi arrivava a Betlemme poteva immaginare il piccino avvolto in un telo, la madre china, la stella che splendeva, i magi adoranti, i pastori che giungevano “per vedere il Verbo che era stato generato”, come annotato da Girolamo.
Maurizio Bettini, con un approccio quasi da 007 del testo, ha analizzato a fondo ogni dettaglio sulle fonti disponibili, ripercorrendone i sentieri semantici, incollando tessere di un mosaico storico che va oltre quel viaggio nel tempo che grandi e piccini compiono ogni anno recuperando dalla soffitta gli scatoloni contenenti la capanna e le statuine. Il tutto per ricreare quel paesaggio capace di toccare il cuore e la mente di chiunque, al di là delle solite polemiche sul presepe, negli ultimi anni legato all’immagine della Sacra Famiglia che fugge in Egitto quale archetipo del nucleo familiare dei nuovi migranti (l’accostamento è di Pio XII con la costituzione apostolica Exsul Familia del 1952).
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