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In un dialogo le peculiarità del docente

Stefano Quaglia
Il vero maestro. Dialogo sulle caratteristiche fondamentali dell’insegnante
Ed. Feeria – Panzano in C. (FI)
2016 – pp. 62 – euro 5

Parole chiave: Stefano Quaglia (2), In libreria (40), Il vero maestro (1)
In un dialogo le peculiarità del docente

La letteratura ci ha insegnato che le questioni di contenuto non sono dissociabili da quelle di forma, sia essa chiusa o aperta, come nell’arte moderna. Il fatto che Stefano Quaglia, provveditore scolastico, grecista di fama e autore di contributi non occasionali sui temi dell’educazione, abbia voluto affidare le sue riflessioni sulle caratteristiche fondamentali dell’insegnante ad un dialogo di ispirazione platonica non ci sembra casuale. Da “vero maestro”, quale è stato per tanti anni e che continua ad essere, sia pure in forma diversa, egli sa che l’insegnante deve in primo luogo destare l’interesse degli allievi verso la propria disciplina, la quale a sua volta non è che la strada per introdurre a tutta la realtà, attraverso il fascino di un frammento. “Chi ama insegnare non pensa ad altro se non a comunicare quello che sa e a coinvolgere i ragazzi”, leggiamo, infatti, nelle prime pagine del libro. La novità di quest’opera di Quaglia consiste dunque nella scelta della forma accattivante di un dialogo, ambientato dapprima a Ferrara, tra uno studente, prossimo alla tesi, e il suo professore; quest’ultimo, sollecitato dall’interesse del giovane per l’insegnamento della religione cattolica, rievoca un incontro lontano, avvenuto a Verona nel chiostro di San Zeno con un compagno di studi, divenuto ora abate della celebre basilica. Il dialogo-confronto, vero cuore del libro, consente al professore di illustrare le caratteristiche fondamentali dell’insegnante: l’ascolto (“Chi non sa ascoltare, non sa farsi ascoltare”); la pazienza didattica (senza pazienza non c’è educazione, ma essa deve tradursi in capacità di trasmettere fiducia all’allievo, attraverso l’attenzione e la misura dei suoi interventi); la speranza (“l’architrave di tutto l’edificio”, la virtù del seminatore, di chi è certo che “nel consumarsi del suo tempo si crea il tempo dei suoi allievi”); la cura, declinata sul versante dell’attenzione e della responsabilità verso l’altro; infine, la capacità di imparare sempre, da tutto e da tutti, secondo la raccomandazione di Seneca: “Gli uomini, mentre insegnano imparano”.
Condizione perché avvenga la comunicazione è dunque la presenza di un metodo, parola che contiene in sé la parola hodòs (via, strada); il docente è chiamato a evolversi continuamente, nella continuità fedele alle proprie origini, camminando insieme con i suoi studenti nella ricerca della verità. La fiducia nei giovani si traduce nella convinzione che “un docente degno di questo nome sa bene che non sono le cose che insegna l’aspetto più importante del suo lavoro, ma l’effetto che le cose insegnate producono nella mente dei suoi allievi”. Con un colpo d’ala, il dialogo torna poi alla contemporaneità: ricompare in scena il giovane interlocutore e da Verona si ritorna a Ferrara. L’eredità del maestro è compendiata dalla riscrittura di una famosa frase attribuita a Bernardo di Chartres, secondo cui “siamo nani appollaiati sulle spalle dei giganti”.

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