La campagna di Belfiore tra meleti e santuari
La campagna d’inverno sprigiona un fascino particolare, e una passeggiata lungo i canali e tra i campi può trasformarsi in un’interessante occasione per scoprire bellezze naturalistiche e architettoniche sconosciute, in un clima di grande tranquillità...
La campagna d’inverno sprigiona un fascino particolare, e una passeggiata lungo i canali e tra i campi può trasformarsi in un’interessante occasione per scoprire bellezze naturalistiche e architettoniche sconosciute, in un clima di grande tranquillità. Una meta insolita per camminare col proprio cane, sfruttando le ore centrali delle brevi giornate invernali, potrebbe essere il territorio di Belfiore, paese conosciuto dai veronesi specialmente per la produzione di mele, ma che conserva nel suo territorio, oltre a splendidi scorci sulla campagna e sulle colline in lontananza, anche prestigiose e suggestive tracce dei secoli passati.
Provenendo da est o da ovest, si percorre la strada imperiale Berengaria, realizzata nel X secolo da re Berengario I, ben presto chiamata Porcilana per il fatto che attraversava il Comune di Porcile, uno dei centri urbani sorto in epoca medievale. Nel Cinquecento le famiglie benestanti del paese fecero istanza al Consiglio dei Dodici di Verona per cambiare il nome da Porcile in Belfior, toponimo di una contrada del paese; ma il cambio del nome in Belfiore avvenne ufficialmente solo nel 1867.
Dirigendosi verso la contrada Bova, ben indicata dai cartelli stradali, si percorrono strette strade asfaltate affiancate da canali e campi di melo decio, pianta che secondo le fonti storiche veniva coltivata sin dall’epoca romana e deve il suo nome a D’Ezio, capo dei legionari che sbarcò ad Adria e combatté a Padova contro Attila.
Proprio a Belfiore questa varietà di mela ha raggiunto un’ottima qualità, diventando il prodotto più tipico e rinomato della zona. Così aromatico da essere utilizzato per profumare gli armadi e i cassetti, questo frutto è ottimo per la produzione di mostarde e si consuma nei mesi invernali e fino alla primavera, dopo una lunga e lenta maturazione.
Una volta arrivati in località Bova, si potrà parcheggiare l’auto per iniziare una bella passeggiata a piedi. Ci troviamo così davanti a Corte Bova, una lunga teoria di edifici dove al centro è ben visibile il palazzo padronale, di fianco all’Oratorio della Santa Croce. Lateralmente si vedono le barchesse, le case dei contadini e le “boarie”, gli antichi ricoveri per gli animali di campagna. Proprio di fronte a questo complesso sorge il cosiddetto Mulino, un’antica pila utilizzata per la lavorazione del riso, a testimonianza della fiorente produzione diffusa anche in questi luoghi.
Ora naturalmente tutto è fermo, ma guardando i ruderi della pila si potrà immaginare il movimento dei pestelli, azionati grazie alla ruota mossa dalla forza motrice dell’acqua: questi, cadendo, spostavano il riso verso l’esterno per poi farlo rotolare di nuovo all’interno, dove successivamente veniva crivellato e passato al setaccio. Dalla seconda metà del secolo scorso, con l’avvento di tecnologie più moderne, quasi tutte le pile presenti nelle varie corti e riserie cessarono la loro attività, mantenendosi intatte, in alcune aziende, solo per motivi di prestigio storico, e anche questo mulino ormai è abbandonato.
Proseguendo lungo via Porto, si potranno osservare pioppi, salici e ontani, tipiche piante della pianura amanti dei climi umidi, e diverse specie di uccelli acquatici che scelgono i canali e i loro canneti come dimora per l’inverno. Giunti al bivio, imboccando via Marconi ci si dirige verso il centro del paese, arrivando dopo un centinaio di metri ad una bella strada ciclopedonale che si inoltra nei campi vicini: un luogo perfetto per una pausa, dove il traffico quasi inesistente, specialmente nei giorni festivi, consentirà al nostro cane di passeggiare anche senza guinzaglio.
Arrivati a Belfiore, si passa davanti all’ex chiesa parrocchiale dei santi Vito, Modesto e Crescenza, utilizzata fino al 1946, quando la parrocchia si spostò alla chiesa della Natività. Nel 1996 è stato eseguito il restauro del campanile, l’unico con l’orologio in Comune di Belfiore, da parte della Soprintendenza, ma adesso l’intero edificio è inagibile.
Continuando a percorrere la strada principale si seguono le indicazioni per via Strà e si arriva alla chiesa di San Michele, più nota come Santuario della Madonna della Stra’. L’edificio in stile romanico, con tre navate e tre absidi, e con facciata in tufo e cotto, fu eretto nel 1143, come è testimoniato da un’iscrizione romana, e le molte lapidi romane della chiesa fanno pensare che essa possa essere sorta sopra i resti di un edificio pagano distrutto. All’interno del santuario si venera la magnifica scultura in legno della Madonna con il Bambino che tiene in mano un pettirosso, opera intagliata nel 1497 da Giovanni da Zebellana su commissione dei fedeli della parrocchia. La chiesa non ebbe una storia semplice e iniziò ad andare in rovina dopo la drammatica piena dell’Adige del 1622.
Ma il culto della Madonna della Stra’ restò sempre vivo, e la chiesa tornò ai suoi splendori a partire dal 16 agosto 1630, quando gli abitanti istituirono una festa votiva come ringraziamento alla Madonna che li aveva miracolosamente liberati dall’epidemia di peste.