Verona sott'acqua: indaghiamo le cause di questi disastri
Una riflessione sui nubifragi violenti di questo fine agosto, che hanno messo alla prova città e provincia
Senza essere catastrofisti è giunto il momento di prendere coscienza dei cambiamenti climatici e di fare anche qualche riflessione su come ripensare al futuro.
È eloquente a tal riguardo il messaggio lanciato da Tatiana Bartolomei, presidente dell’Ordine dei geologi del Veneto: “I cambiamenti climatici, l’eccessivo consumo del suolo e le conseguenze sul territorio sono, ancora una volta, drammaticamente evidenti. Questi episodi mettono in luce che è sempre più urgente la prevenzione sul territorio, la corretta e puntuale gestione geologica: c’è bisogno assoluto di una nuova visione della governance territoriale e di nuove strategie che prevedano l’aggiornamento delle pianificazioni e della progettazione urbanistica".
Ma facciamo un piccolo passo indietro: l’emergenza creata dagli eventi disastrosi chiede interventi immediati; queste però sono le conseguenze e allora ci vuole anche l’intelligenza di indagare le cause. Alcune non sono dipendenti da noi. Se si risveglia un vulcano o si mette a tremare la terra noi non ne abbiamo colpa, ma sul modo in cui abbiamo antropizzato il territorio, su come adoperiamo il suolo, sulle sostanze che riversiamo nell’aria e nell’acqua un po’ di responsabilità dobbiamo prendercela.
Le generazioni precedenti alla nostra vivevano dentro abitazioni prive di comodità e decisamente insalubri (almeno nella maggioranza dei casi) al punto che non vi era grande distinzione tra l’ambiente destinato alle persone e la stalla per gli animali. Di contro, l’ambiente esterno era curato e custodito con cura quasi maniacale: i boschi erano puliti, i fossi e i canali idraulici tenuti sempre sgomberi e in perfetta efficienza. L’uso delle risorse naturali rispettava i cicli naturali e i tempi di recupero. Non esistevano le colture intensive e anche quelle estensive. Insomma: non dico che fosse un paradiso terrestre, ma la terra era un bene prezioso, così come l’acqua.
Oggi la situazione è capovolta: abitiamo case che sono concentrati di tecnologia, ricche di ogni comodità, pulite, sane e pure molto belle. Anche i giardini o gli orti rispecchiano la stessa filosofia. Se usciamo fuori invece il panorama cambia decisamente: a parte alcuni angoli privilegiati, le città, le periferie soprattutto, e interi territori – come quelli montani più impervi, ad esempio – sono stati abbandonati, e si vede.
In conclusione: non è eliminando l’uomo che miglioriamo la natura, ma sentendola tutta quanta come casa nostra e dei nostri figli.
Nella foto sopra, un maestoso albero divelto in città.
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